Italiano: open to mostruosità

Di Antonio Zoppetti

Anna mi ha segnalato “l’Italian teacher award 2023” evidentemente partorito dal “Ministero della Pubblica Distruzione e del Demerito Generalizzato”.

Si tratta della quinta edizione di un progetto che “ha lo scopo di celebrare i valori sociali e culturali degli insegnanti italiani, al fine di riconoscere un tributo a tante donne e a tanti uomini che si spendono ogni giorno per l’istruzione e la formazione delle nuove generazioni […] L’Atlante – Italian Teacher Award intende promuovere il valore sociale e culturale degli insegnanti italiani”.

E come esprimere cotanta italianità se non con un nome in inglese?
Su sito di Rai mamy Scuola si può sapere di più sulla mission del progetto e sulle partnership da cui è nato.

Questi approcci, e questa lingua, la dicono lunga su come vengono concepiti i progetti per educare le nuove generazioni, e non solo quelle, all’abbandono dell’italiano e al passaggio all’itanglese.

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Nel 2015 il ministro dei Beni culturali e del Turismo Dario Franceschini aveva lanciato il portale per il turismo e la cultura italiana chiamato VeryBello! fallito miseramente subito dopo.

Allora nel 2021 ci ha riprovato con la “Netflix italiana” per la valorizzazione culturale del nostro Paese intitolata ITsART, solo che è fallito tutto di nuovo (e gli investimenti per queste iniziative non sono pochi). Ma poco male, nel 2023 il nuovo governo di tutt’altro schieramento politico ci riprova con lo stesso schema, e sta nascendo un nuovo progetto il cui motto, anzi slogan è “Open to meraviglia” (in figura con le mie considerazioni) a cui auguro, con tutto il cuore, lo stesso successo delle precedenti iniziative.

E così, mentre la fallita Alitalia cede il posto alla fallimentare ITA Airwais, mentre le Poste italiane introducono le nuove denominazioni dei pacchi attraverso la categorie del Delivery, mentre nasce il Ministero del Made in Italy (e non del prodotto italiano), mentre le Ferrovie dello Stato offrono le tariffe premium, business e economy e il concorrente [*antico termine autoctono oggi meglio traducibile con competitor] Italo sostituisce la figura del capotreno con quella del train manager (nella comunicazione ai passeggeri e nei contratti di lavoro!), mentre il Salone del Mobile e la Settimana della moda di Milano si trasformano in Week Design e Fashion Week, mentre la squadra olimpica italiana diventa un team, mentre il progetto per la reintroduzione degli orsi denominato Life Ursus battezza gli esemplari con sigle come Jj4 (dove la i lunga è pronunciata “gèi” come se esistesse solo l’inglese), mentre i negozi diventano store, shop e outlet, mentre gli animali domestici diventano pet, il cibo food e altri migliaia di esempi del genere quotidianamente trasformano l’italiano in itanglese… capita che una nutrita schiera di linguisti continuino a guardare al fenomeno interpretandolo con le loro lungimiranti categorie dei “prestiti” magari di “lusso” e di “necessità”.

Qui non abbiamo a che fare con qualche prestito perché ci manca una parola e non la sappiamo né vogliamo più tradurre, italianizzare o riconiare all’italiana. Siamo in presenza del crollo dell’italiano e abbiamo a che fare con dei trapianti (altro che prestiti!) di parole e suoni che hanno una frequenza e una profondità devastanti, che riconcetualizzano il nostro modo di pensare trasformando gli insegnanti in teacher (ma ci sono anche i tutor), la famiglia in family (persino il vecchio Movimento per la vita è stato abortito in favore del Movimento pro life) e l’italiano in italian. Questi trapianti si ibridano generando una neolingua che ha ormai le sue regole, ed è fatta di commistioni come Verybello, mentre open to meraviglia è un’enunciazione mistiligue che esce dai “prestiti” e l’italiano open to mostruosità, dove invece di incitare a “vivere italiano” si incita a “vivere in itanglese”, una lingua che si trasforma in un ircocervo che è un mostro orribile, altro che meraviglioso!

Mentre certi linguisti propagandano la panzana che “la lingua si difende da sé” e che l’uso fa la lingua lasciando intendere che sia un processo “democratico” che arriva dal basso, quello che sta accadendo è che l’italiano muore perché i nuovi centri di irradiazione della lingua, per dirla con Pasolini, e cioè le istituzioni, i giornali, la televisione, le aziende, gli intellettuali e l’intera nostra classe dirigente ci educano all’inglese e all’itanglese dall’alto. Perché sono colonizzati nella mente e hanno sposato il progetto del globalese, l’inglese internazionale, la lingua naturale dei popoli dominanti e dei padroni che si vuole far diventare la lingua planetaria, dell’Ue, della formazione universitaria, del lavoro e della cultura di cui gli anglicismi sono gli effetti collaterali (come ho spiegato nel libro Lo tsunami degli anglicismi, per fare un po’ di pubblicità non occulta). Questi collaborazionisti del globish sono i veri responsabili dell’itanglese. E davanti all’attuale tsunami anglicus, utilizzare gli schemini astratti dei prestiti è un po’ come voler misurare la portata di uno tsunami con l’unità di misura della bottiglia! A quante bottiglie corrisponderà l’attuale onda anomala?

In questo contesto tipicamente italiano, visto che in altri Paesi la questione è affrontata in modo ben più serio, capita anche che un bravo comico come Crozza ironizzi sul fatto che le (discutibili e perfettibili) proposte di legge per l’italiano avanzate di recente ci facciano tornare ai tempi del fascismo, quando si volevano sostituire i barbarismi con ridicoli sostitutivi come fiorellare per flirtare, arlecchino per cocktail, pallacorda al posto di tennis e via dicendo. Peccato che, come aveva capito un paio di secoli fa Leopardi (ma già allora ben più avanti dell’intellettuale medio italiano dei giorni nostri), solo l’uso e l’abitudine rendono bella, brutta o ridicola una parola. Dunque questi sostitutivi sono “ridicoli” solo perché non si sono affermati, mentre quelli che hanno avuto successo (regista invece di régisseur, autista invece di chaffeur, calcio invece di football, calcio d’angolo invece di corner…) sono parole oggi del tutto normali. A proposito di italianizzazioni di epoca fascista si potrebbe anche ricordare il successo di pallacanestro al posto di basketball, e nella Breve storia della lingua italiana di Migliorini e Baldelli (Sansoni, 1964, p. 345) si può leggere: “Si sono oramai definitivamente affermati contro gli equivalenti stranieri, prima imperanti” sinonimi come pallacanestro. Gli autori si sbagliavano di grosso, nulla è definitivo, e oggi il basket ha la meglio sulla vecchia pallacanestro, anche se in inglese si chiama basketball. Il che dimostra che non abbiamo a che fare con “prestiti”, ma con un processo di creolizzazione lessicale ben diverso e più profondo, che sta portando a una neolingua ibrida, l’itanglese, che non è più né italiano né inglese.

Tornando a Crozza, è più che comprensibile scherzare sul fatto che il nuovo quadro dirigente governativo predichi benino (bene è una parola grossa) e razzoli male. Ma, belin… possibile, Crozza, che davanti al virgolettato della Santanchè non ti venga in mente che la cosa su cui pungere è come si è ridotto l’italiano?

Mettiamo i puntini sulle “i”: sul canale Nove marchiato Warner Bros Discovery, una rivista italiana denominata Open titola “La ministra Santanché contro il Far West dei bed & breakfast”, utilizzando 11 parole di cui 5 sono in inglese. In italiano rimane un nome proprio (“Santanchè” che non vale ai fini statistici), la parola “ministra” e per il resto ci sono solo articoli e preposizioni! Se ci aggiungiamo le denominazioni in inglese della rivista e del canale ci sarebbe anche il “nove” a salvare l’italiano. E tu fai dell’ironia sull’adattamento di sciampagna al posto di champagne? Ma non vedi che c’è solo l’inglese? Altro che guerra ai barbarismi… il problema è la creolizzazione da una lingua sola che ci sta schiacciando.

Come fai a non capirlo? Almeno tu Crozza… dai!



20 pensieri su “Italiano: open to mostruosità

  1. È veramente oscena quella campagna, a partire proprio dal nome. Ma a chi si affidano per partorire certe schifezze?
    Per promuovere il turismo italiano basta e avanza italia.it, che ci costò decine di milioni di euro, se ricordi.

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  2. Ciao Antonio. Ho già finito di leggere il tuo libro (l’ho acquistato in digitale tramite Google Play), molto ben fatto e concreto. Ti ho pure lasciato una valutazione a cinque stelle!

    Chissà quante copie lasceranno il segno.

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  3. Ieri sera al Tg1 ho sentito “shooting fotografico”, perché ovviamente la “giornalista” non poteva dire “servizio fotografico”, avrebbe rischiato di sembrare troppo colta, allora adesso ho controllato e come al solito si sono inventati una differenza che non esiste tra “servizio” e “shooting”, così se a qualcuno venisse mai in mente di fargli notare la loro ridicolaggine se ne uscirebbero pure con un: “NoN sOnO lA sTeSsA cOsA”.

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    • Il meccanismo di intoduzione degli anglicismi è sempre il solito: si prende una parola (o un suono) inglese e le si dà un significato specifico (a volte inventato o diverso dalla genericità dell’inglese) per differenziarlo dai nostri equivalenti e dichiarare la sua “necessità”. In questo modo la valenza che si afferma, frutto del consueto “non-è-proprismo”, porta all’abbandono dell’italiano.

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  4. Salve professor Zoppetti, ho letto che si è tenuto a Merano un incontro sullo stato di salute della lingua italiana a cui ha partecipato sia Lei che il Presidente Onorario della Crusca Marazzini. Volevo chiedere se ci fosse modo per recuperare tale evento mediante registrazione, o se comunque vi sarà un resoconto su ciò. Sarei curioso di capire come abbia reagito Marazzini riguardo quest’anglicizzazione. Fa strano comunque che tale evento si sia tenuto a Merano, città metà italofona e metà tedescofona dell’Alto Adige.

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  5. Bene, la ringrazio. Per Marazzini è normale che si spacci evoluzione/contaminazione della lingua con un copia e incolla dell’intero lessico italiano. Mi sorprende che in Germania siano attenti a ciò, reputavo il tedesco una lingua parimenti affetta dal Morbus Anglicus.

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    • Il tedesco ha forse più anglicismi di noi, però “pesano” meno perché son lingue germaniche affini, e in Germania ci sono resistenze, pensiero critico e associazioni dal basso per la difesa del tedesco come la VDS, quindi rispetto a noi la situazione è migiore, mi pare. Infatti il numero degli anglismi sui giornali è la metà di quelli che circolano da noi, anche se sono ben di più di quelli nello spagnolo e nel francese.

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      • Qua sai che non concordo con te, che pesino di meno per quel motivo non sussiste proprio, alcuni in Germania parlano (non solo scrivono) usando vocaboli esclusivamente di pseudoprestigio totalmente inutili e ridicoli (family, nice, etc., non voglio nemmeno cercare di ricordarne ancora). La resistenza è limitata, non direi maggiore che in Italia. Per quanto riguarda i corsi universitari pure peggio. Purtroppo il tedesco medio si vergogna della sua lingua madre, a naso direi ancora più degli italiani (che è tutto dire), spesso non riesce a capire neppure che (o perché) degli stranieri la studino.

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        • Lo so che non concordi, tuttavia l’affinità tra tedesco e inglese è di sicuro maggiore che nel caso dell’italiano, e questo è emerso anche ieri da parte di una platea principalmente germanofona. Il che non significa che anche lì non ci sia chi ostenta l’anglomania in modo patetico. Comunque dai confronti sul numero di anglicismi nei giornali noi siamo messi molto peggio, stando ai dati. Sull’università invece concordo con te.

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          • Sull’affinità, rispetto a italiano vs. inglese, non discuto, non ritengo però possa valere come motivazione o giustificazione, non vedo un rapporto di causa effetto o altro tipo di interrelazione. soprattutto perché le spinte che determinano il fenomeno sono tutt’altre, ritengo.

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            • Alla fine siamo meno in disaccordo del previsto. Concordo che le spinte e le motivazioni siano di altro tipo, mi limito a osservare, ripetendo parerei di esperti che conoscono il tedesco, al contrario di me, che l’impatto sulla lingua è meno devastante per le suddette affnità, rispetto all’italiano. E comunque l’indice degli anglicismi della Vds tedesca ne ha raccolti circa 8000, dunque molti più di quelli italiani, anche se dallo spoglio dei giornali pare che i nostri siano più frequenti.

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