In Lombardia si può prenotare la terza dose del vaccino anticovid a questa pagina in Rete:

La parola “richiamo”, come si dice in italiano, non ricorre nemmeno una volta.
Tralasciando che gli ultraquarantenni sembrano non esistere e nell’italietta colonizzata ormai ci sono solo gli over 40, la comunicazione della regione Lombardia è molto utile per comprendere i meccanismi di distruzione dell’italiano da parte delle istituzioni che educano all’itanglese.
La terza dose viene battezzata in inglese, per ben 7 volte, come fosse il nome proprio di una nuova pratica, dove l’italiano “terza dose” ricorre tra parentesi, una specificazione pleonastica per istruire il popolino e lasciare sottintendere che l’inglese veicola il giusto tecnicismo, mentre l’equivalente italiano è un’approssimazione terra-terra per i non addetti ai lavori e i plebei.
A sua volta, questa comunicazione si basa su una serie di circolari del Ministero della Salute che utilizzano un simile approccio. Il Gruppo Incipit dell’Accademia della Crusca, e anche il presidente Claudio Marazzini, sono intervenuti per ricordare a tutti, soprattutto alle istituzioni, che la parola italiana è “richiamo”.
Ma la comunicazione in ambito medico e giornalistico se ne frega dell’italiano e della trasparenza, e la parola “booster” continua a rimbalzare in tv, nella bocca degli esperti e sui giornali. Negli archivi del Corriere della Sera le frequenze passano dalle poche unità della media annuale, dove l’anglicismo era usato anche con altri significati – visto che in inglese il verbo to boost e booster sono parole generiche legate a un aumento, un rilancio o a un’accelerazione in generale – a oltre 300 del 2021. E analizzando la distribuzione mensile (nel riquadro a destra) è molto chiaro il consueto “picco di stereotipia” che caratterizza il linguaggio mediatico e che porta a ripetere sempre le stesse espressioni.

Davanti a tutto ciò, che cosa può fare il cittadino se non ripetere “booster” e dimenticare “richiamo”?
I mezzi di informazione lo dicono in inglese, le istituzioni lo dicono in inglese, persino il modulo di prenotazione lo dice in inglese… è evidente che ripeteranno ciò che passa il convento. Un convento che ha applicato i filtri anti-italiano a cominciare dai tecnici e dagli addetti ai lavori.
Perché un esperto – e soprattutto chi vuol darsi un tono da esperto – dice “booster”?
Perché l’inglese che viene spacciato per LA lingua internazionale ha preso il sopravvento in medicina (e in generale in sempre più ambiti scientifici) e l’esempio di “booster” mostra chiaramente che quando si parla, studia o si insegna in inglese invece che nella propria lingua madre, l’effetto è sottrattivo: l’inglese non è qualcosa che arricchisce e si aggiunge, al contrario si comincia a pensare e a parlare in inglese, e si perde il lessico italiano.
L’uso, l’abuso e l’ostentazione di questo inglese non sono un segno di cultura, sono il segno dell’ignoranza dell’italiano. Le conseguenze sono la cancellazione della lingua e della cultura locale che vengono schiacciate e sostituite da una nuova cultura vissuta come superiore che fiorisce sul cimitero delle altre lingue e sulla sopraffazione delle altre culture.
L’itanglese si diffonde così. Giorno dopo giorno, parola dopo parola, in uno stillicidio sistematico che va avanti da decenni e cresce in modo esponenziale e sempre più sfacciato. L’insopportabile retorica dell’uso – le pseudoargomentazioni per cui “ormai si dice così”, in inglese – contrabbandano un’ipocrita menzogna che spaccia l’anglicizzazione per un processo “democratico”. La gente dice così… cosa ci vuoi fare? Ognuno parla come vuole…
La verità è che la lingua non evolve dal basso, se non in percentuale molto esigua, ma dall’alto. A fare la lingua sono i giornali, le istituzioni, i politici, gli imprenditori e i tecnici, gli intellettuali, la nostra classe dirigente. E la gente dice fake news, smart working, lockdown… perché è quello che assorbe.
Al popolo non resta che ripetere ciò che arriva da questi centri di irradiazione che educano all’inglese e ignorano l’italiano.
Nel caso di “booster” è imbarazzante un articolo che ho trovato su Adnkronos dove emerge il “non-è-proprismo” tipico italiota. Le parole inglesi hanno sempre sfumature diverse, non sono “proprio” come l’equivalente italiano. Il che serve a giustificare l’ingiustificabile ricorso agli anglicismi attraverso la ripetizione ossessiva di certe argomentazioni fino a che non diventano reali, come aveva capito il ministro della propaganda del Terzo Reich Paul Joseph Goebbels.
“Vaccino Covid, terza dose e booster: che differenza c’è” ha titolato in settembre Adnkronos distinguendo che la terza dose sarebbe la dose addizionale (o aggiuntiva) per chi ha problemi di immunodeficienza che si fa dopo 28 giorni, mentre la dose “booster” è per tutti e si fa dopo 6 mesi (ora sono 5). Naturalmente è una bufala, o una supercazzola. Entrambe sono terze dosi, e la dose aggiuntiva e il richiamo sono due cose diverse, se si vuole specificarlo, che si possono esprimere benissimo in italiano, una lingua allo sfascio fatta di questi trapianti immotivati dall’inglese che assumono spesso un significato univoco e tecnico assente nella lingua di provenienza, e che sempre più spesso sono neoconiazioni all’italiana.
E così, in assenza di vaccini contro l’idiozia e l’anglomania, il covid ci ha portato anche i covid hospital e non gli ospedali covid, e mentre dilagano il covid free o il covid manager adesso si parla anche di long covid, perché la parola “lungo” non suona appropriata nella strategia del pappagallo. Il green pass è affiancato al super green pass contestato dagli antivaccinisti denominati no vax, no pass, no mask e no + qualunque cosa in inglese. Mentre qualcuno prova a introdurre il “waning”, i centri dove ci si vaccina sono chiamati hub, i focolai sono cluster, e tra lockdown, smart working, droplet, spike protein, spillover, drive trough, contact tracing, recovery plan o fund… la pandemia ha accelerato, e non poco, la distruzione della lingua italiana.
PS
Provate a cercare la parola “booster” su giornali come Le Monde o El País. Buona fortuna.
PPSS
Ecco invece cosa pensano gli inglesi dei nostri pseudoanglicismi: