Quest’anno a Natale il governo italiano ci fa un regalo: il cashback, un bell’anglicismo istituzionale, quasi nuovo, che entra così formalmente nella lingua italiana. Si tratta semplicemente di un rimborso (fino a 1.500 euro, e valido sembra dall’8 al 31 dicembre) per chi durante le feste pagherà i suoi acquisti con sistemi elettronici. L’iniziativa è legata a un altro concetto che viene espresso in inglese, il cashless, cioè i pagamenti senza contanti, per esempio con carta di credito, bancomat e altre forme di transazione che si potrebbero definire più chiaramente virtuali.
Leggendo il nuovo decreto pubblicato il 28 novembre sulla Gazzetta Ufficiale, non c’è solo il “sistema cashback” o il “Rimborso cashback” (art. 4), si trova anche “acquirer convenzionato” (letteralmente acquirente, indica il gestore del servizio dei pagamenti virtuali) e “issuer convenzionato” (letteralmente emittente, indica chi emette le carte di credito e gli atri i sistemi di pagamento virtuale), si fa riferimento al “MerchantID“, per fortuna chiamato anche “identificativo univoco dell’esercente”. E per i reclami e gli aspetti relativi alla gestione dei profili degli utenti ci si può rivolgere a “un apposito servizio di help desk” messo a disposizione da PagoPA SpA.
Non ci bastavano le tax e gli act al posto delle tasse e delle leggi, i ticket della sanità, l’austerity o l’authority per la privacy e il welfare. Anche click day, election day e familiy day sono poca cosa, né paiono sufficienti il quantitative easing, la spendig review, lo spoils system, i whistleblowing o i caregiver, e infatti i nostri politici hanno dovuto ricorrere anche alle card e ai navigator. La pandemia ha poi portato nel linguaggio istituzionale il lockdown, il contact tracing, lo smart working, il recovery fund… ma si può fare di meglio, ci si può spingere ben oltre. L’attacco dello Stato al cuore dell’italiano continua, e il progetto dell’itanglese – l’italiano 2.0 del presente e del futuro – è ormai sempre più ampio e sistematico. Le istituzioni si affiancano così al linguaggio dei giornali, del lavoro, dell’informatica, della scienza, della tecnologia… e l’italiano del XXI secolo è ormai ben rappresentato da titoli come quello che segue, dove a parte i verbi, le preposizioni e le congiunzioni, la metà dei sostantivi e la maggior parte dei concetti chiave si esprime con anglicismi:

Parole come cashback o cashless non sono semplici “prestiti”, come li definiscono i linguisti, una categoria di studiosi che in linea di massima appare piuttosto miope e incapace di rendersi conto di cosa sta accadendo al nostro idioma. Queste parole sono al contrario un fenomeno ben più profondo di sostituzione dei nostri vocaboli con quelli inglesi, un cedimento strutturale del nostro lessico dove le radici inglesi prendono il posto delle alternative italiane e si intrecciano in una rete di neoconiazioni sempre più fitta, che giorno dopo giorno si allarga nel nostro vocabolario e lo ibrida, snaturandolo.
Non occorre essere dei geni per comprendere che i cosiddetti “prestiti” dall’inglese non sono qualcosa di isolato, come è sempre avvenuto nel caso dei forestierismi francesi, spagnoli, tedeschi, giapponesi e di ogni altra lingua. L’interferenza dell’inglese è ben altro. Gli anglicismi sono così tanti che hanno fatto il salto che ci sta portando verso la creolizzazione lessicale, frutto del mescolare l’importazione delle radici inglesi crude con le loro ricombinazioni all’italiana.
Da tempo usiamo cash al posto di contante e pronta cassa (pagare cash), ma questa parola ha cominciato a ricombinarsi con le altre generando una serie di espressioni sempre più numerose, così numerose che è difficile conteggiarle. Penso alla combinazione con dispenser, che da tempo usiamo al posto di distributore, erogatore o anche dosatore (di sapone nei bagni). Queste due parole così popolari si uniscono nel cash dispenser, cioè un distributore di contanti, uno sportello automatico. Quando le radici inglesi prendono il sopravvento sull’italiano, succede poi che le vendite all’ingrosso diventino cash and carry, e che i dizionari registrino sempre più composti di cash; il cash flow si affianca al vecchio flusso di cassa, il cash management all’estratto conto, mentre si fa strada il cash mob (2012) per indicare un (gruppo di) finanziamento solidale, visto che mob si è già diffuso in espressioni come flash mob che usiamo al posto per esempio di raduno lampo o manifestazione estemporanea.
Nel nuovo anglicismo natalizio cash non è più il contante, sostituisce il concetto più generale di denaro, visto che si tratta di un rimborso che verrà accreditato. Il significato dell’inglese si estende ulteriormente, e sottrae un altro po’ di terreno all’italiano.
Cashless prende piede perché anche less si sta diffondendo sempre di più e ha la meglio sull’italiano “senza” in composti come i pagamenti contactless, i vecchi telefoni cordless e il nuovo wireless, o il ticketless al posto del biglietto virtuale; ma poi c’è anche genderless (visto che genere si dice ormai gender e si porta con sé transgender, gender fluid, agender, genderqueer), tubeless (pneumatici senza camera d’aria), childless che si distingue da childfree (in un contesto dove child rimpiazza i figli come in stepchild adoption).
Quanto al back di cashback è una delle radici inglesi più prolifiche e infestanti. Per il momento da solo non è in uso, ma è solo questione di tempo. La barretta rovesciata delle tastiere si chiama backslash (come la barra o sbarretta normale è detta slash), il dietro le quinte è diventato backstage, il retroterra culturale è background, la logistica si dice back-office in contrapposizione al front-office (che fanno il paio con il back-end e il front-end dei programmi informatici che sostituiscono l’interfaccia di amministrazione e quella utente), il ritorno a scuola e la fine delle vacanze è il back to school, e poi c’è flashback che ha sterminato l’analessi (e si appoggia a flash che è una notizia lampo, un ricordo improvviso, l’illuminazione della macchina fotografica, e si ritrova in flash news… dove le notizie sono news e le bufale fake news) e ancora playback e via dicendo. Quest’ultimo si sorregge su play che è il tasto di avvio, e ricorre in tanti altri composti con altri significati, da playstation a playboy, e boy in cowboy, toy boy, boy scout che si lega a sua volta a talent scout, scouting… e così via ad libitum sfumando, anzi no, ad libitum crescendo, purtroppo.
L’itanglese non è l’importazione di semplici anglicismi, è il frantumarsi delle dinamiche con cui l’italiano si è sempre evoluto. Nel Nuovo millennio la strategia prevalente – se non l’unica – di evoluzione della nostra lingua consiste nell’usare l’inglese per indicare ciò che è nuovo. Non c’è molto altro. E se le nostre istituzioni e il nostro governo, invece di tutelare e promuovere il nostro patrimonio linguistico, introducono anglicismi, siamo davvero alla fine.