L’italiano non puzza

di Antonio Zoppetti

A ognuno puzza questo barbaro dominio” scriveva Machiavelli nel Principe, auspicando che i Medici potessero liberare il nostro Paese dalle occupazioni straniere e anticipando un tema che sarebbe esploso nel Risorgimento.

Questo motto fu ripreso nel 1933, con un’accezione linguistica, da Paolo Monelli nel libro Barbaro dominio che processava i forestierismi. All’epoca erano pochi, circa 500, ed erano per la maggior parte francesi. Dieci anni dopo, in una seconda edizione ampliata, diventarono 650, ma questa ostilità alimentata dalla politica fascista non nasceva affatto con il fascismo e riprendeva le ben più antiche polemiche dei puristi e di una “questione della lingua” che dal Cinquecento all’Ottocento si è nutrita anche delle invettive contro le parole straniere.

Il purismo teorizzato da Pietro Bembo, che è diventato il punto di riferimento delle prime grammatiche della nostra lingua e del primo vocabolario della Crusca, condannava i barbarismi insieme alle voci dialettali, ai neologismi e alle parole tecniche e meno letterarie, e respingeva il lessico di derivazione straniera più che i pochi “prestiti” non adattati. Alla fine dell’Ottocento in un dizionario dei neologismi di Giuseppe Rigutini venivano rigettate parole come emozione, dal francese émotion, o deragliare, dall’inglese raile, al posto di “uscir dalle rotaie”. Scorrendo opere come queste colpisce il fatto che nell’elenco dei neologismi e dei forestierismi i vocaboli non adattati si contano sulle dita delle mani, il processo alle maleparole riguardava soprattutto le italianizzazioni bollate come illecite per motivi di principio.

Nei dizionari del Duemila la metà dei neologismi è invece in inglese crudo, e l’italiano è sempre meno in grado di evolversi in modo autonomo, in sempre più settori ci mancano le parole italiane per esprimere il nuovo. Gli oltre 4.000 anglicismi registrati che si sono accumulati perlopiù dagli anni Cinquanta superano di gran lunga la somma di tutti gli altri forestierismi di ogni lingua del mondo. Le parole francesi, una lingua che ci ha influenzati per secoli, sono solo un migliaio, gli ispanismi e i germanismi non adattati sono meno di duecento, e per gli altri idiomi tutto si riduce a una manciata di parole o al massimo a poche decine per lingua.

Il problema non sta nei forestierismi, ma nella sproporzione degli anglicismi, e solo quelli: il loro numero impazzito sta snaturando la nostra lingua, la sta facendo regredire e trasformando in itanglese.

Oggi a puzzare è l’italiano. Accecati dal mito americano, plagiati dall’inglese internazionale, dalla lingua delle multinazionali statunitensi che esporta con le sue parole i nuovi oggetti e concetti, siamo inebriati dal profumo dei suoni inglesi che importiamo e sostituiamo ai nostri in modo dissennato, senza renderci conto che stiamo distruggendo, giorno dopo giorno, il nostro patrimonio linguistico così amato in tutto il mondo, e la nostra ecologia linguistica.

Mentre le istituzioni e gli studiosi, in Francia, Spagna, Islanda, Svizzera e in moltissimi altri Paesi sono in prima linea per la tutela del proprio idioma minacciato dallo tsunami anglicus globale, da noi vige l’anarchismo linguistico e la legge del più forte, per cui l’italiano non può che soccombere davanti al globalese. E la politica sembra più attenta a tutelare l’inglese che non la nostra lingua madre.

Il nostro ecosistema linguistico è schiacciato da uno squilibrio che va invece regolamentato. Il nostro patrimonio linguistico e la nostra identità linguistica vanno promossi e tutelati. Lo ripeto da un lustro dalle pagine di questo sito che ha appena compiuto 5 anni di vita. E passando dai lamenti all’azione, in questi anni, tra le tante iniziative, ho dato vita al più ampio repertorio di alternative agli anglicismi in Italia, ho lanciato una petizione a Mattarella sottoscritta da più di 4.000 persone, e ho presentato una petizione di legge alla Camera e al Senato sostenuta da oltre 2.000 cittadini.

Grazie al portale Italofonia.info e alla comunità degli Attivisti dell’italiano, in vista delle elezioni del 25 settembre, stiamo scrivendo ai parlamentari chiedendo loro, come elettori, di prendere in considerazione la nostra petizione di legge e di discuterla in Parlamento nel prossimo esecutivo.

Invito tutti coloro che hanno a cuore l’italiano a unirsi a noi e a fare sentire la propria voce. Lo si può fare in pochi minuti utilizzando questo modulo.

Un grazie di cuore alle oltre 350 persone che hanno già inviato la propria lettera e ai 2.100 elettori che hanno sottoscritto la petizione di legge. Queste firme saranno inviate in Parlamento non appena si insedierà il nuovo governo.

PS 2023
[Questo articolo è stato ricostruito dopo un attacco informatico che lo aveva cancellato. I collegamenti e i commenti originali sono perduti.]

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